Torrenieri tra passato e futuro
fatti e considerazioni sulla vita di Torrenieri
a cura di Alberto Cappelli
Il Poggio di Torrenieri
Il primo gruppo di case che si trova a Torrenieri, provenendo da Siena è definito Il Poggio ed anche Capo Borgo, ed é situato a 271 metri di altitudine. In epoca molto antica vi fu costruita una Torre di guardia che consentiva di vigilare a 360° verso Siena, l’Alta Maremma, Montalcino, l’Amiata, Castelverdelli, Vergelle, Chiusure e i contrafforti della Val di Chiana.
Chi fece costruire questa torre? C’è chi ritiene fosse un certo Ranierio Renieri (dei Signori di San Quirico d’Orcia o della potente famiglia dei Cacciaconti) da cui il nome Torre di Renieri (divenuto in seguito Torrenieri); c’è chi invece, non individuando l’artefice della costruzione, è convinto che il nome derivi da Torre Nera, o per il colore del materiale impiegato nella costruzione o perché lo stesso fu annerito da un incendio.
Importante è la veridicità della costruzione della Torre, le cui fondamenta sono ancora visibili nella Cantina Museo realizzata presso l’”Azienda Agraria Il Poggio Abbadia Ardenga” di proprietà delle Pie Disposizioni di Siena, che ha provveduto a riportare alla luce interessanti reperti anche della Antica Stazione di Posta per il cambio dei cavalli che in quelle strutture ebbe sede.
Ma vale ricordare che Il Poggio di Torrenieriè il punto di divisione fra due importanti vallate del Senese: la Val d’Arbia e dell’Ombrone da una parte e la Val d’Asso e la Val d’Orcia dall’altra.
I corsi d’acqua prossimi a Torrenieri che caratterizzano queste due vallate sono due il torrente Asso a est ed il torrente Serlate ad ovest.
Il torrente “Serlate”
Ha un percorso di circa 15-20 Km, nasce nel Comune di San Giovanni d’Asso, in una zona situata sotto Chiusuree a qualche chilometro dagli abitati di Monterongriffoli e di Ferrano, tocca il territorio di Vergelle e dopo aver costeggiato i borri dell’Amastrone (o Olmastrone), si allinea alla via Cassia nella direzione Torrenieri-Buonconvento, sottopassandola poco dopo il confine fra i Comuni di Montalcino e di Buonconvento in prossimità del podere La Fornace, per poi entrare nel fiume Ombrone, prima delle anse di Vadossie di Badia Ardenga.
In annate ad alta piovosità, esonda facilmente, provocando allagamenti anche sulla Cassia.
Il torrente “Asso”
Il nome Asso si dice sia di origine etrusca, Haxo, trasformato poi nel latino Axus.
Questo torrente a carattere fluviale, nasce presso Collalto, in Comune di Trequanda, fra le rocce cavernose presenti sotto Montecalvoli e, attraversata una marna cerulea conchigliare,- dopo aver ricevuto il tributo dei fossi di Montecalvoli, Montalceto e Trequanda-, si dirige in un vallone che dallo stesso prende il nome: la Val d’Asso.
Dopo la località di San Giovanni d’Asso, l’Asso riceve le acque del torrente Trove e prosegue verso Torrenieri. Continuando nel suo percorso, riceve altre acque, quali quelle del torrente Tuoma, del Riguzzoe del Ribotoli, fino a sfociare – dopo un percorso di 36 Km – nel fiume Orcia, sotto il Castello della Ripa, in Comune di Castiglion d’Orcia.
Questo torrente ha dato il suo nome – oltre alla vallata ed alle comunità di San Giovanni e di Lucignano o Lucignanello – anche al Monastero di San Donato ad Asso (Primo Vescovo e Martire di Arezzo) in seguito dedicata a San Pietro ad Asso, dove oggi è situata la casa colonica “San Piero”, non molto lontano da Torrenieri, dopo la località Pian dell’Asso. Un documento del 715 attesta che questo Monastero fu fondato dal re longobardo Ariperto (o Ariberto) II, regnante fra il 653 ed il 661.
A Torrenieri questo torrente ha ispirato toponimi di case coloniche, quali Asso, Borg’Asso o Purgasso e Assino.
Sin dall’epoca etrusca i terreni intorno all’Asso erano fertili, ma esposti alle continue piene, per cui quando nel XIII° e XIV° secolo il Comune di Siena dette inizio a diverse opere di bonifica nei territori soggetti al suo dominio per eliminare le zone malsane e migliorare la produttività dei suoli, l’attenzione fu rivolta anche alla Valle dell’Asso, ricca di terre ritenute lavoratie et fruttuose.
Per questo nel 1297 furono scavate apposite fosse, una delle quali d’ampiezza di sei braccia et cupa tre braccia,veniva immessa da Casano fino al ponte sulla via Francigena di Torrenieri.
L’anno successivo, la bonifica prosegui con la costruzione di un’altra fossa di otto o dieci braccia che dal ponte di Torrenieri arrivò al pelago Franceschi di Malpasso: di questo pelago non è rimasta traccia.
In epoca medioevale, su questo torrente la Comunità di Torrenieri possedeva due mulini per cereali; era presente anche un molino dei Tolomei ed una gualchiera.
Prima delle bonifiche, per i tanti frastagliamenti degli argini, l’attraversamento del torrente Asso a Torrenieri, avveniva mediante ben quattro ponti (certamente di legno), che successivamente si ridussero a tre (..et transit omnes tres pontes qui sunt ibi super flumine Assi), che nel 1306 – terminati gli interventi di bonifica della Val D’Asso – furono sostituiti da uno solo, realizzato in mattoni.
Ricostruito ex-novo nell’anno 1641, con un solo elegante arco, sulla sua spalletta destra fu collocata un’edicola sacra con l’immagine di Sant’Antonio Abate – che in questa località godeva di grande devozione – deturpata nel secolo XIX con una pietra, da un colono per vendetta, dopo la morte per malattia, di un maiale all’ingrasso per uso familiare.
Questo ponte rimase in piedi sino al giugno 1944, quando le truppe tedesche in ritirata lo minarono facendolo saltare: sono ancora visibili i resti dei piloni originari seicenteschi.
Le truppe di liberazione lo riedificarono prontamente in un primo momento con una struttura metallica, sostituita dopo circa due anni con una struttura in muratura, ancora ad un solo arco.
Il ponte sull’Asso a Torrenieri ebbe un’importanza strategica e difensiva per lo Stato senese, al punto tale che lo stesso, a sua custodia, nel 1406 finanziò la costruzione di un nuovo castello o fortezza (definita guarda-strada), più possente di quello preesistente situato forse al Poggio e distrutto dalla soldataglia di Uguccione della Faggiola nel 1315. Oggi è noto come Posta Vecchia, perché per un breve periodo fu utilizzato come posta per il cambio dei cavalli, al posto di quella da sempre presente a Capo Borgo.
Nel 1552, anno in cui furono cacciate le truppe spagnole da Siena, la cavalleria imperiale conquistò nel febbraio Pienza, rimanendovi alcuni giorni. Il 27 febbraio dello stesso anno la stessa cavalleria, con 2000 cavalleggeri all’ordine della nobiltà napoletana, eseguì una scorreria fino a Buonconvento, prese d’assalto ed espugnò quel castello e gli altri due di Torrenieri e San Quirico d’Orcia; e fatta razzia di molto bestiame e di foraggio, portarono il tutto a Pienza.
Il 27 marzo 1553, Don Garzia de’ Toledo, comandante delle truppe spagnole di Carlo V°, si mosse da Torrenieri con 41.000 soldati alla volta di Montalcino che cinse d’assedio.
Per raggiungere le varie case coloniche poste al di là dell’Asso, nel tempo sono stati costruiti rudimentali, ma robusti, ponticelli di legno – denominati banche– che in parte ancora sussistono.
Un tempo l’Asso era ricco di pesci, in prevalenza barbi e cavedani ed anche anguille, frequentato da appassionati pescatori dilettanti, per lo più locali. Nelle sue acque si poteva incontrare anche un innocuo rettile: la biscia d’acqua.
Nelle mattinate brumose autunnali, era facile incontrare nel piano dei Giardinii cacciatori (lo è anche oggi) – locali e non – con i loro cani, a caccia dei fagiani ed altra selvaggina che in quelle terre trovano alimentazione e rifugio; o anche i cercatori del rinomato tartufo bianco tipico di questa valle.
L’Asso, nel periodo estivo e fino al secondo dopoguerra, era frequentato anche dai ragazzi del Paese, che nelle acque pulite dei suoi pelaghie pelaghini (famoso quello del Toscano) trovavano refrigerio alla calura estiva, si esercitavano nel nuoto e qualche volta giocavano scherzi e burle ai viaggiatori dei treni che transitavano sulla adiacente tratta ferroviaria, salutandoli schierati sulla sponda, in costume adamitico.
Anche se la regimazione delle acque meteoriche è stata sempre sapientemente curata – prima dalle braccia dei mezzadri, oggi con l’aiuto dei mezzi meccanici – i periodi di grande piovosità della primavera e dell’autunno delle volte hanno provocato delle piene, alcune eccezionali, tanto da far tracimare l’Asso dal suo alveo, con conseguente allagamento dei campi nelle località Giardini, Tribolie Meleto, giungendo a minacciare anche le abitazioni del viale Piave. Fra quelle del secolo scorso sono da ricordare quelle avvenute nei mesi di novembre del 1945 e del 1966.
Consola il fatto che le piene non portano solo paura a chi abita in prossimità dei fiumi, ma al ritirarsi delle acque lasciano nuova terra fertile.
Come è accaduto a tutti i corsi d’acqua, con l’aumento delle attività umane – agricole, artigianali e industriali – anche l’Asso ha subito inquinamenti. Oggi la situazione è migliorata perché le attività economiche presenti nel suo bacino – ad eccezione di quelle agricole – sono provviste di depuratori che assicurano scarichi non inquinanti nel torrente e recentemente è stato costruito anche un depuratore per gli scarichi fognari degli abitati di Torrenieri, Montalcino e San Quirico d’Orcia. .
Il Parco della Valdorcia, patrimonio dell’Umanità
Provenendo da Siena, passato Buonconvento, quando si entra nel territorio del Comune di Montalcino si entra anche nel Parco ed il primo centro abitato che si incontra è Torrenieri in cui si entra dal valico del Poggio.
Torrenieri è inserita nell’Unità di Paesaggio delle Crete di Monte Oliveto e le Crete dell’Asso, che interessa parte dei Comuni di Asciano, Buonconvento, Trequanda, San Giovanni d’Asso e Montalcino e con San Giovani d’Asso è uno dei due centri principali della stessa Unità, ma il vanto principale è sicuramente quello di essere situato all’interno del Parco della Val d’ Orcia, riconosciuto nel 2002 dall’UNESCO “Patrimonio dell’Umanità”, con la seguente motivazione:
La Val d’Orcia è un eccezionale esempio del ridisegno del paesaggio pre-rinascimentale, che illustra gli ideali di buon governo e la ricerca estetica che ne ha guidato la concezione. Celebrata dai pittori della scuola senese, la Val d’Orcia è divenuta un icona del paesaggio che ha profondamente influenzato lo sviluppo del pensiero paesistico.